C'è qualcosa di magico nell'aria quando cominci a scendere verso i gialli sorrisi bagnati dal mare turchese, su quelle spighe d'oro e di sole, di silenzi e di profonde voci, lontane.
Il silenzio copre i sogni e i sogni vagano nei profondi abissi della mente che si perde lungo le distese dolci e sensuali, per immergersi, ancora avvinto al sole rosso fuoco del tramonto, nell'acqua che purifica e che, amante al primo bacio, ti divora il cuore per sempre.
Tutto l'intorno è mistero; un mistero che sovrasta gli spazi infiniti,le vie, le notti, i pensieri.
Il mistero della prima volta, della scoperta, della magia che si materializza.
Il sogno che diventa realtà.
Il silenzio che tutto riempie di sé, avvinghia, travolge.
E quel cullarsi di sole in sole tra le spighe dorate, quel bagnarsi gli occhi di eternità, il mare poi che penetra nel cuore e pervade l'intorno di gocce maliziose di passione.
Il silenzio complice delle pietre secolari, un nuraghe di voci che sembrano provenire dall'eternità dei pensieri, e si incornicia sulle nuvole d'oro e di porpora del cielo infinito al tramonto.
Le lunghe distese di mirto bevuto con il respiro ansimante di una corso come per non perdere gli attimi intrisi di asfodeli, di cisti, di lentischi, palme nane, di lecci e di querce diventate di pietra, le sugherete piegate dal vento, come vedove inginocchiate a piangere una lunga infita preghiera.
I cannetti scarmigliati da cui proviene il canto del mare gioioso quando si ritira e placa i suoi ardori di guierriero vincitore, in un languido stagno da cui i muggini si lanciano in tuffi acrobatici e da dove si levano in volo i gabbiani sazi a dispiegare le ali e perdersi nel cielo bianco delle perenne primavera dell'isola felice.
I piccoli cavallini della Giara che sprigionano tutta la libertà in un galoppo anarchico e nervoso immersi tra i nuraghi silenziosi, sospesi nella magia del tempo, quando il tempo si tramuta in storia.

Magie del Sinis

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Foto di Domenico Cugusi - 1978

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Foto di Domenico Cugusi - 1978

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Foto di Domenico Cugusi - 1978

Ribelli, anarchici, ombrosi, pieni di furore e di dolcezza, vagano nei boschi del silenzio lontano da sguardi sacrileghi, immersi in una realtà ancestrale di movimenti e azioni incomprensibili agli occhi dei normali abitanti di passaggio che con le loro ali migrano anche in altri luoghi più accessibili e comprensibili.
Ed anche la storia, quasi sempre incomprensibile e diversa dalle regole generali, si ferma ad aspettare il miracolo del tempo che tramuta in magia ogni istante che trascorre.
Le baracche in falasco che sfidano il vento dei secoli, le case basse in mattoni di fango e paglia, i terreni seminati di fiori di pietra nera, rinchiusi in muri di pietra, i vigneti abbarbicati in impervi terreni che generano un vino forte e corposo come il sangue delle vergini guerriere dopo la battaglia persa contro gli stranieri, nascosti dietro i muretti a secco delle tanche fiorite di ferule e di rucurvi olivastri.Dietro i muri di pietra hanno preteso il sacrificio non sapendo che quei massi levigati dal vento hanno vita interiore, l'anima che soffre di solitudine e silenzi coperti solo dal lento pascolare di pecore nere, e che avrebbero reagito e combattuto per difendere la poca terra ancora rimasta.
E come un tuono improvviso, senza avvisaglie di temporali imminenti, le pietre perfettamente sistemate dall'architetto che disegna il tempo, si catapultano sommergendo con il loro peso di morte il nemico incredulo che nulla può contro la furia del destino già segnato di una terra ribelle persino nelle viscere più nascoste della sua libertà.
Quelle pietre generate dalla terra, coperte di muschio seccom confortano il silenzio de re pastori, alimentano il loro ardore, la rabbia infinita di vendetta, e quando il vento penetra tra gli ingobbiti sughereti, la musica si fa più alta, possente, e nasce nel cielo il canto della vita che alla fine esplode nella gioia di esister.
Nel silenzio del tempo che si specchia crudele in pozze d'acqua bramate da gente assetata dall'eterna primavera che addolcisce il cuore ma non disseta le greggi, dà comunque anche al reale che incombe, una ragione in più per sognare.
Il rullare dei tamburi, e le corse sfrenate di cavalli e cavalieri protesi ad infilzare una stella, l'ultima, caduta dal cielo le notti infuocate d'Agosto, per raggiungere il sogno e possedere in sé la certezza d'essere uomini, immolati per sempre al rito che si compie a carnevale, e li innalza tra gli eroi, anche per un solo attimo, per sempre.
Poi tutto ritorna alle cadenze che impone il tempo, ritorna il silenzio a dominare lo spazio, si ferma il pensiero a riposare.
Tutto ritorna com'era, come è sempre stato, in un eterno mutare che non muta.
Scopri le cose che vedi, vedi le cose che esistono, contempli gli eventi, parli con te stesso, ti cerchi e infine ti ritrovi.
Torni natura nella natura che, delicata e forte, discreta e possente, libera e felice, finalmente serena, sprigiona l'essenza stessa della vita.
Qui, per un miracolo irripetibile, inspiegabile, sei finalmente felice.
Felice di tornare, felice di restare e non partire più.
Nella terra di Eleonora, nell'Isola Felice.
Felice solo per chi ha gli occhi per capire ed il cuore per Amare.


Domenico Cugusi 1988

(Riproduzione Vietata).